Il linguaggio della materia

Che cos’è l’arte?  Potenzialmente tutto. Chi fa arte? Potenzialmente tutti.

A differenza dell’arte antica e moderna, l’arte contemporanea ha messo in discussione il concetto di «bello». Ha deciso di fare a meno della mimesi, del realismo, della riproduzione del vero e ha cominciato a trascendere l’opera in virtù dell’idea che le sta dietro. Dato il rifiuto di creare un prodotto di semplice rappresentazione del mondo, viene privilegiata la materia, quale realtà completamente autonoma. Per essere se stessa e affinché l’artista abbia con essa un rapporto di assoluta autenticità e verità, la materia non può essere ristrutturata secondo schemi razionali che ne farebbero ancora una volta qualcosa d’altro, ma rimanere pura materia, ovvero rimanere informe. L’arte informale è considerata una tendenza rivoluzionaria perché se l’opera è stata per secoli come una finestra ora l’osservatore può interagire. L’artista desidera quindi che il suo capolavoro prenda vita ed esca dall’ordinario. Ci sono due correnti principali: “l’informale gestuale” e “l’informale materico”.

L’informale gestuale è definito “action painting” e ha come maggior rappresentante Jason Pollock che inizia ad eseguire le sue opere con una tecnica pittorica nuova, che consiste nello spruzzare o far gocciolare i colori sulla tela senza procedere ad alcun intervento manuale diretto sulla superficie pittorica. L’opera d’arte non è solo quella che osserviamo ma è l’intero frutto del lavoro dell’artista e quindi, tutto il processo di creazione. C’è chi lo ama e considera le sue opere capolavori assoluti e c’è chi invece crede che “Non è arte, ma uno scherzo di cattivo gusto”.  L’artista dimostra come sia possibile rompere la corazza stilistica del mondo aprendola ad un nuovo processo tra sentire e percepire, azione e colore, gesto e materia.

L’informale di materia, invece, è la tendenza che maggiormente si manifesta in Europa, perché gli artisti utilizzano nelle loro opere i materiali più disparati.  Il collage fu la prima rivoluzione e consiste nell’incollare a un fondo frammenti di carta colorata, ritagli di giornale, si utilizzarono ben presto anche pacchetti di sigarette, scatole di fiammiferi, carte da gioco. Ad esempio, nell’opera Chitarra, di Pablo Picasso, ritroviamo incollati su tela pezzi di carta di giornale. Ma la massima espressione la troviamo nei ready-made di Duchamp, punto di partenza per le varie forme dell’arte concettuale. Il ready-made è un comune manufatto di uso quotidiano che diviene opera d’arte una volta prelevato dall’artista e posto così com’è in una situazione diversa da quella di utilizzo. Il valore aggiunto è l’operazione di scelta, o di individuazione casuale dell’oggetto, di acquisizione e di isolamento dell’oggetto. Il «ready-made» dal titolo «Fontana» rappresenta il momento di maggior provocazione di Duchamp, che presentò alla giuria in una mostra un orinatoio firmandolo con lo pseudonimo R. Mutt. Una fotografia dell’opera fu tuttavia pubblicata sulla rivista «The Blind Man», edita dallo stesso Duchamp, il quale, fingendo di difendere l’ignoto autore, scrisse: «Non è importante se Mr. Mutt abbia fatto Fontana con le sue mani o no. Egli l’ha SCELTA. Egli ha preso un articolo ordinario della vita di ogni giorno, lo ha collocato in modo tale che il suo significato d’uso è scomparso sotto il nuovo titolo e il nuovo punto di vista – ha creato un nuovo modo di pensare quell’oggetto».

L’arte usa la materia per “comunicare pensieri, idee, azioni, ricordi” e quanto può risultare significativo. Molte delle barriere e distinzioni all’interno dell’arte sono cadute contribuendo ad una vivacità e multidisciplinarietà tipica dell’arte contemporanea che ne ha fatto spesso ragione d’essere.

Impariamo allora ad aprire la nostra mente, ad allargare i nostri orizzonti verso ciò che ci sembra sconosciuto e ad apprezzare l’arte nella sua bellezza nascosta. Concludo con una citazione di Jean Dubuffet, il quale sosteneva che “La vera arte è dove nessuno se lo aspetta, dove nessuno ci pensa né pronuncia il suo nome. L’arte è soprattutto visione, e la visione molte volte, non ha nulla in comune con l’intelligenza né con la logica delle idee”.

Stefania Sciancalepore