La linea è uno dei segni più elementari che l’uomo possa tracciare, con una penna o qualsiasi altro strumento basta applicare una leggera pressione sul foglio e lasciar scorrere la mano in una direzione, ecco: il risultato è quello che definiamo linea. Sembra quasi un gesto istintivo, fin da bambini tutti ci siamo cimentati con i colori e un foglio di carta per i primi “scarabocchi”, quelli che vengono identificati come pregrafismi. Man mano che cresciamo quelle linee assumono un significato sempre più preciso per noi e diventano veicolo per comunicare, combinate tra loro per generare un disegno o per scrivere una parola o una frase di senso compiuto.
La linea, questo gesto così semplice, nel mondo dell’arte è stato approfondito ed indagato in diversi modi e da diversi autori, se ripercorriamo la storia dell’arte potremmo addirittura associare ad ogni periodo storico una linea che lo sintetizza: le spezzate dei graffiti preistorici, le curve dei grandi archi romani, le slanciate linee verticali delle cattedrali gotiche, le linee “domate” e rigorose della prospettiva rinascimentale, le sinuose curve delle facciate barocche, fino ad arrivare alle sperimentazioni delle avanguardie del Novecento con le sfuggenti linee del Futurismo, le linee decise dell’Espressionismo e la purezza dei gesti del maestro astrattista Kandinsky con le sue composizioni di punti, linee e superfici.
La linea può diventare architettura? La risposta è: certamente si!
Senza disturbare la storia dell’architettura e i grandi maestri, guarderemo un progetto realizzato nel 2019 da un giovane studio di architetti americani, i quali hanno ideato un teatro informale in California in forma di linea.
Lo studio REgroup, fondato da Gary e Julia Lewis, ha ideato e realizzato il progetto “The Line” nella campagna aperta di Sacramento in California. L’installazione consiste in una piattaforma lineare larga 1,20 m e lunga circa 23 m con un risvolto verticale di 3 m. L’opera, di estrema semplicità, si inserisce all’interno del contesto ponendosi con una giacitura parallela ad un vigneto esistente e con la larghezza pari ad un sentiero lì presente.
Questa “macchina prospettica” è stata pensata per un pubblico di cento persone per lato, mentre sul lungo nastro bianco, quello che potremmo definire palcoscenico, si esibiscono musicisti e artisti di ogni sorta. La piattaforma sia per questioni di budget ma anche per semplicità costruttiva è stata realizzata su fondazioni in blocchi di cemento prefabbricati sui quali è stato ancorato il telaio in legno rivestito di pannelli in compensato verniciati di bianco. Al crepuscolo “The Line” sembra cominci a fluttuare grazie al sistema di illuminazione che la stacca da terra e ne aumenta ancora di più l’effetto di leggerezza.
Questo progetto ci aiuta a comprendere come dei piccoli interventi all’interno di contesti anonimi o abbandonati possono apportare significativi cambiamenti all’interno della vita di una città (o della campagna come in questo caso). Quello di cui stiamo parlando è l’urbanistica tattica, una pratica che viene dal basso e tende ad apportare modifiche temporanee a basso costo all’ambiente costruito, destinate a migliorare i quartieri e i luoghi di ritrovo. L’impatto di questi piccoli gesti di “agopuntura urbana” è notevolissimo ed ha un riverbero positivo nel tessuto sociale delle comunità in cui si interviene.
Ripensiamo alle nostre città: in quell’ angolo ricettacolo di rifiuti, in quel vicolo cieco utilizzato ormai come bagno pubblico a cielo aperto, all’interno di quel campo abbandonato a se stesso c’è ancora speranza. Pensare ad un piccolo gesto per prendersi cura di quel frammento di città potrebbe invertire la rotta. In diversi comuni italiani ci sono esempi virtuosi di piccole associazioni, comitati di quartiere o semplicemente liberi cittadini che hanno deciso di prendersi cura di questi angoli dimenticati e restituirli a tutta la comunità. Talvolta anche una linea può fare la differenza!
Antonio Dell’Olio