Non mi è mai capitato di commentare un’opera d’arte di un’autrice di cui conosco e condivido parte della sua vita. Ma, forse, questo è il pericolo che l’opera d’arte che andiamo a commentare ci presenta.
Due mani, una tesa e l’altra arresa. Due mani della stessa persona ma sotto due prospettive differenti, due ombre che si rincorrono sotto luci differenti, impresse su un foglio-parete che traccia ancora più fortemente i contorni delle ombre. Diafane e sfuggenti, le ombre ricevono una materialità nel confronto con lo sfondo ruvido ma anche una loro peculiarità dinanzi alla luce differente. Questo è ciò che presumiamo di conoscere delle persone, ombre materiali.
Quando alcune persone dicono di conoscermi bene, immediatamente mi viene da pensare che loro non conoscono proprio nulla di me, che non sanno davvero chi sono ma vedono solo la materializzazione di un’ombra, la forma che io scelgo di far vedere loro. Ecco, allora, che anche la mia pretesa di conoscere l’artista dell’opera viene meno per lasciare spazio ad altro. Ombre, dunque, che si materializzano, simbolo della condizione umana, ma anche ombre cariche di tensione. Mani che tendono i loro legamenti in posizioni differenti, che cercano un contatto, ma a modo loro.
Una mano tesa, mentre l’altra che riesce a stento, che lotta per non cadere, per non lasciarsi andare. Mani che ricordano il gesto stesso della creazione di Adamo, ritratto da Michelangelo nella Cappella Sistina. Mani che ci riportano ad un con-tatto creativo, a quel fermento interiore e spirituale proprio dell’artista fra la forza e l’abbandono, fra la resistenza della materia e la delicatezza della forma, fra l’atto che tiene insieme e la potenza che eccede. Realtà così distanti che cercano di rimanere insieme, dualità che si cercano e ricercano, perché una ha bisogno della differenza dell’altra.
Ed è qui, allora, che la conoscenza dell’altro prende corpo, quando una mano non smette di cercare l’altra, non smette di desiderare quel contatto creativo, tanto antico e sempre nuovo. La pretesa di dire che si conosce bene una persona lascia il posto al desiderio, alla tensione, all’amore che rivela all’altro il profondo mistero di esistere. Quel mistero che ci porta a chiedere: cosa c’è dall’altra parte.
Elisabetta e Matteo – Associazione 21